Un Decreto della Penitenzieria Apostolica concede l’Indulgenza Plenaria ai malati di coronavirus, a chi li assiste e a tutti i fedeli del mondo che pregano per loro. Si ricorda anche la possibilità della assoluzione collettiva in questo momento di grave necessità.
Di fronte all’emergenza Coronavirus, la Chiesa offre la possibilità di ottenere l’Indulgenza Plenaria ai fedeli malati di Coronavirus, nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendono cura di essi. Lo stabilisce un Decreto della Penitenzieria apostolica pubblicato oggi e firmato dal Cardinale Penitenziere Maggiore Mauro Piacenza e dal Reggente, Mons. Krzysztof Nykiel.
Inoltre, la Penitenzieria Apostolica – afferma una nota che accompagna il Decreto – per “la gravità delle attuali circostanze”, e “soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà”, ricorda la possibilità di impartire “l’assoluzione collettiva”, cioè a più fedeli insieme, “senza la previa confessione individuale”.
Per avere l’Indulgenza Plenaria, i malati di Coronavirus, quanti sono sottoposti a regime di quarantena nonché gli operatori sanitari e i familiari che, si espongono al rischio di contagio per assistere chi è colpito dal Covid-19, potranno anche semplicemente recitare il Credo, il Padre nostro e una preghiera alla Vergine Maria.
Gli altri potranno scegliere tra varie opzioni: visitare il Santissimo Sacramento o l’adorazione eucaristica o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, oppure la recita del santo Rosario, la Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, chiedendo a Dio la cessazione dell’epidemia, il sollievo per i malati e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé.
L’Indulgenza Plenaria può essere ottenuta anche dal fedele che in punto di morte si trovasse nell’impossibilità di ricevere il Sacramento dell’Unzione degli infermi e del santo Viatico: in questo caso si raccomanda l’uso del Crocifisso o della Croce.
Per quanto riguarda l’assoluzione collettiva – spiega la Penitenzieria – “il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il Vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima”. Spetta, infatti, sempre al Vescovo diocesano – sottolinea la nota – “determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione collettiva: ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l’assoluzione sia udita”.
La Penitenzieria chiede anche di valutare “la necessità e l’opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di ‘cappellani ospedalieri straordinari’, anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti”.
Inoltre, laddove “i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali”, come indicato dal Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1452).
“Il momento presente in cui versa l’intera umanità, minacciata da un morbo invisibile e insidioso, che ormai da tempo è entrato prepotentemente a far parte della vita di tutti – afferma la Penitenzieria – è scandito giorno dopo giorno da angosciose paure, nuove incertezze e soprattutto diffusa sofferenza fisica e morale”. E conclude: “Mai come in questo tempo la Chiesa sperimenta la forza della comunione dei santi, innalza al suo Signore Crocifisso e Risorto voti e preghiere, in particolare il Sacrificio della Santa Messa, quotidianamente celebrato, anche senza popolo, dai sacerdoti” e come “buona madre, la Chiesa implora il Signore perché l’umanità sia liberata da un tale flagello, invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia e Salute degli infermi, e del suo Sposo San Giuseppe, sotto il cui patrocinio la Chiesa da sempre cammina nel mondo”.